Italian Perspectives                                             
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

Cronaca di un'americana al Congresso Radicale (Libero, 7/02)

Sono un’americana che vive da tanti anni in Italia.  Pur non condividendo tutte le idee che i Radicali promuovono, ho deciso di partecipare al loro Congresso a Roma la settimana scorsa per tanti motivi di cui due sono:  Perché sono diventata un’assiduissima ascoltatrice di Radio Radicale e non saprei più vivere senza Massimo Bordin e la sua Stampa e Regime tutte le mattine e perché il tema principale di questo Congresso avrebbe dovuto essere “Le riforme americana, delle istituzioni, dell’economia e della giustizia.”  Dico “avrebbe dovuto essere” perché di fatto di questo tema naturalmente non se ne è parlato se non di striscio o di sfuggita.  Dico poi “naturalmente” perché a ragion veduta, mi accorgo che era la mia ignoranza ed ingenuità a dettare la mia aspettativa che si sarebbe parlato in modo esauriente di questo tema.

Invece il Congresso è stato sequestrato dai digiuni di Pannella, dalla preoccupazione per lo stato della sua salute, e dai puntualissimi bollettini medici in cui ogni dato di analisi corporea veniva comincato ai congressisti insieme alla previsione della sua morte imminente.

Io non condivido quest’ultima causa di Pannella.  Trovo assurdo e inutile lo sforzo che sta facendo.  All’Italia non serve un Marco, morto, moribondo, o in ospedale.  Con la sua Satyagraha, lui vorebbe imporre il rispetto della legalità.  Il problema è che il rispetto non è una cosa che si possa imporre, è qualcosa che va guadagnato.  L’ultimo suo sciopero della sete, ha riportato la legalità alla Consulta con, però, un risultato però ben diverso da quello che almeno io auspicavo.  Non credo che succederebbe diversamente con i mancati seggi alla Camera.  Anzi, se rischiamo di pagare 13 stipendi a persone che non corrispondono alla volontà del popolo, dico:  “Lasciamo perdere.  Viva, per il momento, l’illegalità.  È una causa, un’istituzione che non merita il suo sacrificio.  Piuttosto, che si facciano appunto sul serio le riforme che la renderanno degna.”

Pannella ci sta proprio rompendo con questo concetto di sacrosanta legalità.  In tanto il Partito Radicale non è un partito, ma un culto con una capacità calamitica di attrarre ogni eccentricità di questo mondo.  Non avevo mai visto una concentrazione così alta di pazzi timbrati, tesserati, autenticissimi, simpatici e anche lucidi.  La democrazia nel Partito Radicale consiste nel fatto che chiunque può prendere il microfono ed esprimersi su quel che gli pare.  Ho sentito ogni genere di teoria di cospirazione, complesso persecutorio, e una moltitudine di ossessioni monotematiche.

Ma nonostante la libertà di parola, Marco Pannella non è un democratico, è un despota, un guru, un padre padrone col complesso della mamma italiana che fa di tutto per non permettere ai suoi piccini di volare con le proprie ali.  Solo che lì c’è un covo di aquile, belli e brillanti, ai quali il nido sta stretto.

Al Congresso è nei corridoi che si scopre che non ci sono solo i Yes Men, che si respira aria di conflittualità, che si conoscono i sani animali politici che vorrebbero governare e non solo parlare.  Ma il Partito Radicale è una scuola ed un laboratorio di oratoria.  Con Marco non si governerà mai.  Ha avuto più occasioni e le ha rifiutate.  Se le avesse accettate avrebbe potuto usare i suoi 20-30 deputati in parlamento per risolvere il problema dei seggi vacanti, se proprio ci teneva tanto.  Ma lui non vuole operare da dentro il sistema.  Come Arafat ha sempre usato qualunque pretesto per non formare uno stato palestinese, Pannella ha trovato qualsiasi scusa per non collaborare per governare.  Evidentemente non sono ruoli che gli competano; preferiscono agire da outsiders.  Il problema per i Radicali che vorrebbero fare e non solo dire è che:  I Radicali con Pannella: non fanno; Ma i Radicali senza Pannella: non sono.


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