Italian Perspectives                                         
by S. Giovanna Giacomazzi 

Cronaca di un’americana al Congresso Radicale

Sono un’americana che vive da tanti anni in Italia.  Pur non condividendo tutte le idee che i Radicali promuovono, ho deciso di partecipare al loro Congresso a Roma la settimana scorsa per tanti motivi di cui due sono:  Perché sono diventata un’assiduissima ascoltatrice di Radio Radicale e non saprei più vivere senza Massimo Bordin e la sua Stampa e Regime tutte le mattine (per non parlare delle rubriche di Luigi De Marchi e Iuri Maria Prado o del archivio di registrazioni di conferenze e sedute istituzionali disponibile sul loro sito) e perché il tema principale di questo Congresso avrebbe dovuto essere “Le riforme americana, delle istituzioni, dell’economia e della giustizia.”  Dico “avrebbe dovuto essere” perché di fatto di questo tema naturalmente non se ne è parlato se non di striscio o di sfuggita.  Dico poi “naturalmente” perché a ragion veduta, mi accorgo che era la mia ignoranza ed ingenuità a dettare la mia aspettativa che si sarebbe parlato in modo esauriente di questo tema.

Invece il Congresso è stato sequestrato dai digiuni di Pannella, dalla preoccupazione per lo stato della sua salute, e dai puntualissimi bollettini medici in cui ogni dato di analisi corporea veniva comincato ai congressisti insieme alla previsione della sua morte imminente.

Io non condivido quest’ultima causa di Pannella.  Trovo assurdo e inutile lo sforzo che sta facendo.  All’Italia non serve un Marco, morto, moribondo, o in ospedale.  Con la sua Satyagraha, lui vorebbe imporre il rispetto della legalità.  Il problema è che il rispetto non è una cosa che si possa imporre, è qualcosa che va guadagnato.  L’ultimo suo sciopero della sete, ha riportato la legalità alla Consulta con, però, un risultato però ben diverso da quello che almeno io auspicavo.  Non credo che succederebbe diversamente con i mancati seggi alla Camera.  Anzi, se rischiamo di pagare 13 stipendi a persone che non corrispondono alla volontà del popolo, dico:  “Lasciamo perdere.  Viva, per il momento, l’illegalità.  È una causa, un’istituzione che non merita il suo sacrificio.  Piuttosto, che si facciano appunto sul serio le riforme che la renderanno degna.”

Otre ad essere una giornalista americana, insegno diritto ed economia in un liceo europeo a Torino.  In occasione dell’ultimo digiuno di Pannella ho dedicato due lezioni al fatto che due istituzioni italiane erano in uno stato di illegalità.  Ho incominciato la lezione con le domande:  Chi è Pannella?  Chi sono i Radicali?  Che ruolo hanno avuto i Radicali in Italia?  Perché Pannella sta facendo lo sciopero della fame e della sete?  Fra i miei 220 studenti solo uno, la figlia di un Radicale sapeva rispondere all’ultima domanda.  Per tutti gli altri Pannella era un pazzo che faceva sempre scioperi per non si sa quale motivo.  Io gli ho spiegato il motivo.  Ma dato che avevamo già fatto delle lezioni comparative sui sistemi governativi ed elettorali italiani, americani, francesi e britannici, non sono rimasti molto convinti che proprio le istituzioni italiane meritassero un tale sacrificio.  E francamente io non ho nessuna voglia di tornare a scuola a settembre a fare una lezione basata su un triste epilogo.

Pannella ci sta proprio rompendo con questo concetto di sacrosanta legalità.  Non vorrei fare troppo l’americana o scendere a discorsi che potrebbero sembrare banali, ma visto che lui tiene tanto alla legalità, parliamo di legalità.  A questo congresso fumavano tutti come dei Turchi.  Se non mi sbaglio anche in Italia adesso è illegale fumare nei posti pubblici.  E perché nessuno dice niente?  Perché non fa comodo visto che tanti fumano?  Allora anche i Radicali attaccano l’asino dove vogliono.  Si dirà che sto mettendo a confronto una leggiucola con la costituzione.  Bene.  Ma è proprio dalle cose piccole che si costruiscono il rispetto e l’educazione civile.  Quando i bambini e ragazzi italiani vedono i loro genitori passare col semaforo rosso e fumare dov’è vietato, neanche un’insegnante americana cocciuta riesce a disfare il danno.

Però mi sono resa conto che forse anche senza quest’ultima crociata difficilmente si sarebbe parlato in modo serio di riforme all’americana.  In tanto il Partito Radicale non è un partito, ma un culto con una capacità calamitica di attrarre ogni eccentricità di questo mondo.  Non avevo mai visto una concentrazione così alta di pazzi timbrati, tesserati, autenticissimi, simpatici e anche lucidi.  La democrazia nel Partito Radicale consiste nel fatto che chiunque può prendere il microfono ed esprimersi su quel che gli pare.  (Anzi, vorrei raccomandare i signori ai vertici della Rai di prestare attenzione al modo in cui Rita Bernardini gestisce il tempo d’ogni intervento e pretende che le chiacchiere si svolgano fuori dall’aula, che la considerino magari come sostituta di Santoro!)  Ho sentito ogni genere di teoria di cospirazione, complesso persecutorio, e una moltitudine di ossessioni monotematiche.

A volte a guardare quel podio lunghissimo mi veniva la visione del L’ultima Cena di Leonardo.  Questi discepoli radunati in una maratona oratoria in attesa dell’Ultima Bevuta Urinaria.  I Radicali devono darsi corpo ed anima alla politica.  Non c’è spazio per le cose quotidiane.  Il Congresso va avanti dalla mattina alla notte pressoché senza interruzione.  Si dimentica che ci sia qualcosa al di fuori della lotta politica.  In oblio cadono i bisogni fisici, le funzioni biologiche, gli amori, i desideri, persino l’ordine del giorno.  Dopo tre giorni di commissioni e dibattiti, e non di fiumi ma oceani di parole, alle unidici e mezza di sera si è deciso di fare un po’ di business:  votare lo statuto ed emendamenti allo stesso.  È scoppiato un putiferio quando ci si è accorti che c’era una clausola nell’uno che era in contraddizione con una clausola nell’altro, e quindi che si annullavano a vicenda!  Mah! L’importante è che si è parlato molto.

Ma nonostante la libertà di parola, Marco Pannella non è un democratico, è un despota, un guru, un padre padrone col complesso della mamma italiana che fa di tutto per non permettere ai suoi piccini di volare con le proprie ali.  Solo che lì c’è un covo di aquile, belli e brillanti, ai quali il nido sta stretto.

Al Congresso è nei corridoi che si scopre che non ci sono solo i Yes Men, che si respira aria di conflittualità, che si conoscono i sani animali politici che vorrebbero governare e non solo parlare.  Ma il Partito Radicale è una scuola ed un laboratorio di oratoria.  Con Marco non si governerà mai.  Ha avuto più occasioni e le ha rifiutate.  Se le avesse accettate avrebbe potuto usare i suoi 20-30 deputati in parlamento per risolvere il problema dei seggi vacanti, se proprio ci teneva tanto.  Ma lui non vuole operare da dentro il sistema.  Come Arafat ha sempre usato qualunque pretesto per non formare uno stato palestinese, Pannella ha trovato qualsiasi scusa per non collaborare per governare.  Evidentemente non sono ruoli che gli competano; preferiscono agire da outsiders.  (Ben inteso che il paragone fra i due si limita a questo rifiuto ed in nessuno modo riguarda il loro modus operandi o la sostanza delle loro cause.)   Il problema per i Radicali che vorrebbero fare e non solo dire è che:  I Radicali con Pannella: non fanno; Ma i Radicali senza Pannella: non sono.


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