L’Opinione delle
Libertà, Edizione 146 del 05-07-2006
La Carta fondamentale dello Stato deve
essere rivista perché frutto di troppi
compromessi politici
Come spesso accade la
sinistra tira in ballo
gli Stati Uniti, di solito a sproposito, come modello esemplare quando
vuole
difendere qualche sua tesi altrimenti indifendibile. Durante questa
campagna
referendaria l’ha fatto riguardo all’età della Costituzione e la
necessità o no
di cambiarla. Più volte nelle ultime settimane abbiamo sentito
loro ammonire
coloro che volevano “cambiare la Costituzione perché vecchia
quando invece ha
solo 60 anni”. E citare quella americana che “ne ha più di
duecento e non è mai
stata cambiata”. Intanto non è vero che la costituzione
americana non sia mai
stata cambiata. Ci sono ventisette emendamenti, i primi dieci dei quali
furono
già ratificati nel 1791 sotto il nome di “Bill of Rights”, o
Carta dei Diritti,
il quinto dei quali include anche una clausola
sull’inappellabilità dei
magistrati, la cosiddetta “double jeopardy”. Gli altri emendamenti sono
succeduti a vari momenti della storia quando furono ritenuti necessari,
l’ultimo nel 1992.
E’ vero che in più di duecento anni di storia, ventisette
emendamenti sono ben
pochi. Ma non è certo per conservatorismo o per un feticismo
verso un documento
storico. Non è neanche per il fatto che la costituzione
americana è ancora più
rigida di quella italiana in quanto ogni emendamento deve essere
approvato non
solo da una maggioranza di due terzi di ambedue le Camere, ma in
seguito anche
dai tre quarti dei corpi legislativi statali. Se non ci sono stati
più di
ventisette emendamenti è soprattutto grazie agli autori della
Costituzione che
l’hanno scritta in termini abbastanza generici perché potesse
durare nel tempo,
e abbastanza specifica in modo da eliminare qualsiasi equivoco. State
tranquilli che se ci fossero delle grosse incongruenze fra la
realtà del Paese
e ciò che è scritto sulla carta, si cambierebbe senza
tante storie e
starnazzature. Gli americani sono pratici e poco ideologici.
Adesso che l’agonia del referendum è finita, stiamo già
sentendo ogni ipotesi
di proposta di come procedere dal “non si tocca” al “cambiamola
insieme”
modificando per primo l’articolo 138 in modo che non succedano
più tentativi di
cambiarla a “colpi di maggioranza”. Speriamo in bene. La costituzione
italiana
ha bisogno di essere cambiata perché la seconda parte non
rispecchia la realtà
dell’Italia di oggi. E anche perché è nata come risultato
di troppi compromessi
per soddisfare esigenze moscovite e vaticane, l’eliminazione dei quali
richiederebbe un ritocco anche della prima parte.
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