L’Opinione delle
Libertà, Edizione 94 del 03-05-2006
di
Sandra Giovanna Giacomazzi
L’Italia
è una Repubblica fondata sul lavoro. Che bella bugia beffarda!
Come se il
lavoro non dipendesse direttamente dalle esigenze della società,
ossia dalla
legge della domanda e dell’offerta definita da Adam Smith. Come se
fosse
possibile in uno Stato libero promettere e garantire il lavoro a tutti.
Come se
una tale promessa non fosse basata su una dittatura ad economia
pianificata,
ossia il comunismo.
Sarebbe
più accurato scrivere che l’Italia è una Repubblica
basata sui ponti per
evadere il lavoro poiché ogni anno il primo maggio è il
termine ultimo, la data
di scadenza per chi fa ogni combinazione di ponti, pontini o pontoni
possibile.
Fra quelli che fanno il ponte di Pasqua, quelli che fanno il ponte del
25
aprile, quelli che fanno il ponte del 1° maggio e quelli che fanno
raggruppamenti dei vari ponti, c’è l’imbarazzo della scelta. E
poi si parla di
un popolo che non arriva a fine mese.
La
riforma costituzionale avrebbe dovuto cominciare proprio dal primo
articolo. E
invece la bugia si perpetua attraverso un anacronismo antistorico:
l’insediamento di due ex sindacalisti a due delle tre più alte
cariche dello Stato:
i presidenti della Camera dei Deputati e del Senato. Fausto Bertinotti
e Franco
Marini provengono proprio da quel mondo immobile che ha impedito, che
impedisce
e che impedirà le modernizzazioni necessarie nel campo economico
per la
crescita del Paese: la flessibilità del lavoro, la
competitività, l’adattamento
accelerato al “cambiamento discontinuo” descritto già quindici e
dieci anni fa
da Charles Handy in due libri intitolati “L’epoca della non ragione” e
“L’epoca
del paradosso”, ignorati da troppi economisti italiani nonostante la
loro
traduzione in italiano.
Secondo
George Bernard Shaw l’uomo ragionevole si adatta al mondo che lo
circonda.
L’uomo irragionevole invece è quello che adatta il mondo alla
sua visione. Per
Shaw il progresso dipende dall’uomo irragionevole. Nei tempi di Shaw,
il
cambiamento avveniva continuamente e lentamente, se paragonato ad oggi.
Quindici
anni fa Charles Handy incominciò a parlare dell’inizio di un
epoca
irragionevole nella quale i cambiamenti sarebbero rapidi e discontinui
e dove
tutte le regole stabilite sarebbero diventate vulnerabili. Un’epoca che
avrebbe
richiesto risposte discontinue, rovesciate, paradossali. Le economie
del mondo
che più riscontrano successo in quest’epoca “paradossale” sono
quelle che consapevolmente
o intuitivamente si sono adattate, appunto, al cambiamento discontinuo
preannunciato da Handy. L’Italia non diventerà una di esse se
guidata da leader
che propongono ricette fallite, fossilizzanti e vecchie di un secolo.
Editors interested in subscribing to this syndicated column may request information by sending an e-mail to:
giogia@giogia.com Ritornare alla lista