Italian
Perspectives
by Sandra Giovanna
Giacomazzi
Overseas Perspectives, 25 settembre 2008
Back in the USSA
di Sandra Giovanna Giacomazzi
La settimana scorsa gli Stati Uniti hanno celebrato il 221-esimo
anniversario del “Constitution Day”, la data in cui è stato
firmato dai padri fondatori quel sacrosanto documento così
durevole. Avendolo letto siamo sicuri che non c’era niente
fra i suoi articoli che autorizzasse il Segretario del Tesoro o il
presidente della Federal Reserve a mettere su impresa, come
effettivamente hanno fatto salvando il gigante assicurativo AIG.
Non è necessario risalire ai padri della patria per capire come
siamo arrivati a questo punto. Basta ricordare le parole
pronunciate cinque anni fa da un uomo venerato quasi altrettanto:
Alan Greenspan. “La Commissione Federale dei Mercati Aperti
(Federal Open Market Committee) è pronta a mantenere un
atteggiamento politico altamente accomodante per quanto sia necessario
per raggiungere un risultato economico soddisfacente.”
Solo il Greenspanese riesce a superare il criptico politichese di certi
politici italiani. Per orecchie che riuscivano ad intendere
Greenspan stava alludendo al fatto che avrebbe lasciato i tassi
d’interessi ad un basso livello per quanto fosse necessario.
Quando lui pronunciò quelle parole davanti al Congresso
americano, stava per abbassare il già basso tasso d’interesse
all’1% e a lasciarlo lì per più di un anno.
Avere un tasso d’interesse così basso non è di per
sé una cosa cattiva. E’ ciò che la gente ha fatto
di tutto quel denaro a buon prezzo che ha causato il casino in cui ci
troviamo. La “gente” ha preso in prestito tanto denaro,
tonnellate di denaro, per comparare degli immobili sottoscrivendo dei
mutui che spesso non si potevano permettere e per immobili che erano
sopravalutati. Poi quei mutui sono passati sul mercato dove i
detentori di quei debiti sono diventati creativi, ammucchiando mutui ad
alto rischio, i cosiddetti sub-prime con obbligazioni di debiti
garantiti, impacchettando il tutto e vendendolo come prodotto
unico. Così quando le persone non riuscivano più a
pagare quei mutui e i prezzi delle case hanno cominciato ad abbassarsi,
non c’era modo di aprire i pacchetti e separare i mutui buoni da quelli
cattivi. Non c’era modo conoscere i contenuti. E se
c’è una regola ferrea dei mercati, è che odiano le
incertezze. Nessuno compra. Nessuno offre più denaro
in prestito. Tutto si ferma.
Molti dicono che tutto ciò che è successo era
inevitabile. Che una volta che il denaro era diventato gratis, o quasi,
grazie ad Alan Greenspan, la gente di Wall Street, abituata ad
invenzioni e innovazioni finanziarie, non avrebbe saputo resistere alla
tentazione di diventare creativa. Le stesse persone affermano che
c’è stata una mancanza di regolazione nei loro confronti.
E adesso la FBI sta cercando di correre ai ripari cercando i colpevoli
degli inganni.
Certo è che riesce difficile riconoscere i principi economici
sui quali ci basiamo da un pezzo. Se la maggior differenza fra il
collettivismo e il capitalismo, è il ruolo onnipresente dello
Stato nel primo e quello minimalista nello secondo. Dove
nel primo il mercato non esiste e nel secondo è corpo e anima
del sistema, e ciò che ci si aspetta dallo Stato è
“laissez-faire” quando non addirittura “hands off”! Che
cosa dobbiamo dire adesso che lo Stato sta mettendo le mani
dappertutto? Quando il Segretario del Tesoro e la Federal
Reserve salvano istituzioni finanziarie private a destra e a manca e ne
compra persino una, coi soldi dei contribuenti? Non ci resta che
cambiare la ragione sociale. E per non piangere, cantare,
imitando la canzone dei Beatles: Back in the U, Back in the U,
Back in the USSA!
Editors
interested in
subscribing
to this syndicated column may request information by sending an e-mail
to:
giogia@giogia.com
Ritornare alla lista