Italian Perspectives                                         
by Sandra Giovanna Giacomazzi 


Autogestione:  Evitiamo i luoghi comuni, (L'Opinione, 21 dicembre 2003)

Tira aria d’autogestione nei licei italiani.  L’anno scorso avevo vissuto la vicenda come vittima.  Era il primo anno che insegnavo in una scuola pubblica italiana e una settimana dopo l’inizio dell’anno scolastico è scoppiato l’11 settembre.  Da americana, io ero ancora in lutto quando due mesi dopo, gli studenti hanno annunciato la loro autogestione accompagnata da un documento decisamente anti-americano.

Io non riuscivo a capire perché la cosa veniva tollerata visto che avevo imparato che non era legale.  Non capivo perché noi docenti dovevamo organizzarci intorno alla loro illegalità, perché non andavano altrove, in piazza, perché non affittavano un cinema o un teatro, se volevano autogestirsi.  Invece eravamo noi che dovevamo cercarci una sistemazione alternativa, con il primo piano del liceo in stato d’assedio.  Le aule del secondo, dove eravamo noi, emulavano le condizioni di una scuola improvvisata in un campo profughi, con più insegnanti e piccoli gruppi di studenti obbligati a barricarsi tutti assieme.

Ci sono tante cose che non riesco a capire in questo Paese, ma quest’anno ero decisa di non vivere la cosa di nuovo da vittima.  Per una volta non mi andava di remare la mia piccola barchetta controcorrente e ho deciso di mettere in azione l’Operazione:  If you can’t beat them, join them.  (Ossia se non li puoi battere, unisciti a loro.)  Volevo fare una specie di Giacomazzi Occupazione dell’Autogestione.  Ma neanche ho dovuto impormi.  Si vede che avrò seminato bene in quest’ultimo anno, perché sono stati i miei studenti a venirmi a cercare chiedendomi di suggerire temi per le loro conferenze e di aiutarli a trovare interlocutori.

Una delle prime cose che ho fatto è stata di contattare Paolo Guzzanti e Giuliano Ferrara.  L’anno scorso, avendo visto quanto sono politicizzati gli studenti italiani, avevo fatto una lezione sulla socializzazione politica, vale a dire, come tutti noi formiamo da giovani il nostro orientamento politico, influenzati dai nostri genitori, dai compagni di classe, dai nostri insegnanti, dalla nostra condizione sociale, dalle nostre letture, e come questo nostro orientamento o si insedia o si evolve col passare degli anni.  Quindi volevo invitare Guzzanti e Ferrara come due esponenti venuti da due sinistre diverse che hanno compiuto un percorso di allontanamento dalla sinistra verso la destra. Volevo che raccontassero l’evoluzione e le motivazioni di questo percorso e come il loro idealismo di gioventù non sia per niente morto, ma come maturando si sono accorti che la strada per realizzare quegli ideali non era quella suggerita dal dogma delle sinistre.  Come quel detto attribuito a Churchill, ma che tanti hanno detto già prima di lui in altre epoche e con altre targhe politiche (Da Francois Guisot, 1787-1874, a Benjamin Disraeli, 1804-1881, eppure Georges Clemenceau, 1841-1929):  Se non sei socialista a vent’anni, non hai cuore.  Se lo sei ancora a quaranta, non hai cervello.

So che venire a parlare ad un liceo è sola una goccia nel mare di disinformazione nel quale i ragazzi d’oggi stanno annegando grazie alla gran disponibilità di tanti cattivi maestri.  Però essendo loro due personaggi conosciutissimi, immagino che un loro intervento potrebbe avere un eco non indifferente.  Guzzanti aveva subito accettato, ma purtroppo le date previste sono state cambiate e probabilmente non potrà più venire, anche se non mi ha dato un no calvinista, come ha detto lui!  Tengo le dita incrociate e spero in un suo blitz a sorpresa!  Da Ferrara attendo ancora una risposta.

Nel frattempo ho invitato tanti altri a partecipare alle conferenze, ad aggiungersi a questo mio sforzo di offrire un contrappeso alle tante menzogne che martellano le menti troppo malleabili dei nostri giovani.  Molti hanno rifiutato convinti che era una trappola dicendo che non erano disposti a venire ed essere derisi.  Mi dicono che sarò di certo delusa dall’esperienza che sto per vivere.  Forse hanno ragione.  In effetti, io non credo più nel dialogo.  Ferrara ha dedicato pagine del suo giornale per settimane l’anno scorso sui meriti dei conduttori doppi.  Non solo non sono d’accordo sui doppi conduttori, non sono d’accordo neanche sui doppi ospiti.  Non ha senso dialogare con gente che non vuole ascoltarti ma anzi che ti parla sopra ogni volta che apri bocca.  Io farei una separazione categorica:  ogni uno col suo canale, coi suoi programmi, coi suoi propri ospiti.  Sarà poi il pubblico a decidere quali soluzioni sono più saggi, ma almeno riusciranno a sentire chi parla.  Ma tornando ai ragazzi, se buttiamo la spugna e li lasciamo in mano a chi li riempie dei soliti luoghi comuni che conosciamo tutti a memoria, dovremo solo rimproverare noi stessi quando poi li cantano in coro.



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