Se gli anarco-capitalisti conquistano gli "autogestiti" (L'Opinione, 12 febbraio 2003)
Per la conferenza sulla globalizzazione svoltasi durante la tarda mattinata del quarto giorno dell’Autogestione, avevo invitato Enrico Colombatto, docente di economia al Dipartimento di Scienze Economiche e Finanziarie "G. Prato" dell’Università di Torino. L’avevo conosciuto ad una conferenza all’Unione Industriale di Torino l’anno scorso dove ha tenuto appunto una lezione sulla globalizzazione. Ero rimasta impressionata dalle sue capacità relazionali, dal suo modo di rendere digeribili e addirittura divertenti dati tecnici economici ad un pubblico “laico”. Mi ricordo di aver pensato in quell’occasione che avrei voluto sequestrarlo e portarlo in aula davanti ai miei ragazzi. Così appena si è cominciato a parlare d’autogestione, gli ho contattato e lui ha subito accettato con entusiasmo. Purtroppo, i ragazzi hanno cambiato poi le date dell’autogestione e avendo altri impegni fuori Torino per quella settimana, il Professor Colombatto non ha potuto venire.
Avendo saputo che Carlo Pelanda, editorialista del Giornale e docente di economia politica internazionale all’Università di Georgia negli Stati Uniti, si trovava in Italia, attraverso la pubblicità data al suo scontro con Adel Smith, ho pensato a lui come sostituto certamente non di ripiego. Purtroppo, però, anche lui doveva ripartire per l’estero. Quindi ho cominciato un networking telefonico per trovare un relatore adeguato. È così che sono arrivata a due nomi di persone a me sconosciute: Carlo Lottieri, Filosofo del Diritto dell’Università di Siena e Carlo Stagnaro, co-direttore della rivista Enclave e collaboratore di Il Tempo e Ideazione. Hanno accettato subito anche loro con entusiasmo. Avendo risolto il mio problema di relatori per quella conferenza, ho pensato, magari vado un po’ su Internet per conoscerli meglio. Apro qualche documento e trovo idee fuori dal comune, rivoluzionarie nel vero senso della parola, che a me provocavano una reminiscenza di una conferenza alla quale avevo assistito un paio di mesi prima.
Democrazia: Il Dio che ha fallito. Questo il titolo di una conferenza organizzata a Torino dal CIDAS e del libro di Hans-Hermann Hoppe, professore di economia della scuola austriaca all’università di Las Vegas. Un’università a Las Vegas? Già quello mi sembrava un ossimoro. Almeno io non ho mai associato cose culturali con quella città. Ma sarà un mio pregiudizio.
Anche qui, prima di recarmi a quella conferenza avevo fatto un giro sull’Internet per sapere in anteprima di che cosa si trattasse. Ho fatto in tempo a leggere solo qualche pagina della prefazione del libro di Hoppe nella quale l’autore proponeva un susseguirsi di “se” riguardante l’andazzo della storia dell’inizio dell’ultimo secolo: Se il Presidente Wilson non avesse tradito la sua promessa elettorale agli americani riguardo alla suo non-interventismo. Se gli americani fossero rimasti fuori dalla prima guerra mondiale. Se l’impero Asburgo non fosse caduto. Se non fossero nati gli stati nazione. Insomma secondo la sua proiezione di congiuntivi al trapassato, in Europa non sarebbero nati i due totalitarismi. Affascinante come teoria, naturalmente non provabile. La storia non si fa coi “se”, quindi non può essere che un esercizio intellettuale, accattivante ma inutile.
Alla conferenza, quindi, mi aspettavo di sentire elaborazioni di questo teorema. Invece abbiamo sentito tutt’altro. La prefazione era solo una delle sue premesse. Altra premessa era il suo disaccordo col dogma della democrazia, un’idea talmente totalizzante da sembrare blasfema per chi osa contestarla. A Hoppe irrita la democrazia come idea ultima, come “la fine della storia”. Dicendo ciò, naturalmente non ha menzionato Francis Fukuyama, e questo non nominare il nome di un concorrente pensatore mi faceva ricordare quegli ambienti a circolo chiuso nelle università moderne, di teorici gelosi di altri teorici, ognuno predicatore della sua verità, che non si frequentano, e appunto neanche si nominano per paura di portare fama all’avversario. Nelle università dove più che in qualunque altro luogo le idee dovrebbero incontrarsi e scontrarsi in ambienti aperti, invece si formano le chiesuole appartate.
Il “tutt’altro” che abbiamo sentito era il mio primo assaggio di teorie che vengono etichettate come “anarco-capitaliste”. Per farla breve questi non solo credono adamantinamente nella globalizzazione economica, ma demonizzano con altrettanto furore, e non con poca ragione, la globalizzazione giuridica. Cioè criticano gli sprechi di tutte le mega organizzazioni mondiali, come l’ONU e le sue infinite filiali, l’Unione Europea con la sua burocrazia bulimica dove i soldi finiscono in mille voragini anziché alle destinazioni volute. Ma criticano anche gli stati nazione. Credono che bisognerebbe applicare le leggi del libero mercato anche ai settori che normalmente deleghiamo agli stati e ai governi. Credono che i cittadini sarebbero più bravi a gestirsi i loro soldi da soli, organizzando associazioni e compagnie per offrirci i servizi che normalmente pretendiamo dallo stato: la sanità, la sicurezza, la giustizia.
Quindi, tornando ai miei ragazzi e al mio compito di fornire relatori per le conferenze, quando ho capito che Lottieri e Stagnaro appartenevano a questa scuola di pensiero economico austriaco, ho deciso di richiamarli per telefono. Gli ho detto che non volevo censurarli, e che mi trovavo d’accordo con le loro critiche verso la globalizzazione giuridica e affascinata riguardo alle loro proposte di soluzioni, anche se non vedo come sarebbero realizzabili, ma…! Appunto “Ma”! Gli ho spiegato che i ragazzi più “impegnati” della mia scuola sono stati portati da non so quali cattivi maestri su una tangente talmente terzomondista, veterocomunista, pseudo pacifista da far paura, inondati di luoghi comuni a battito di slogan facilmente digeribili e ripetibili. La mia missione era di riportarli nella “normalità,” che imparassero almeno ad apprezzare i diritti e le libertà di cui godono senza neanche che se ne accorgano, a volte addirittura disprezzandoli. Quindi ho chiesto loro di limitare il loro discorso nei limiti del possibile alla globalizzazione economica.
Quando sono arrivati Lottieri e Stagnaro erano gli unici relatori. Sembrava che i ragazzi non fossero riusciti a trovare nessuno. Nell’attesa che incominciasse la conferenza parlavano fra di loro, dicendo, “Ma come facciamo? Siamo d’accordo noi due. Sarà una conferenza noiosissima. Dai chi fa il cattivo, tu o io?” Mentre discutevano sono arrivati invece ben tre altri relatori dell’ultima ora: Michele Curto, Presidente dell’associazione “Terra del Fuoco,” Marco Grimaldi, segretario di Sinistra Giovanile, e Paolo Corsetto. Il timore che la conferenza potesse essere noiosa è svanito prestissimo.
I tre relatori ritardatari erano degli eccellenti oratori. I loro teoremi di lunghissimi susseguirsi d’affermazioni logiche avevano solo un fallo fatale. Partivano non da assiomi assoluti ed evidenti ma da postulati, proposizioni terzomondiste prive d’evidenza. Insomma li abbiamo sentiti mille volte: l’occidente stupratore della terra, le multinazionali sfruttatrici di bambini, i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Va a spiegare loro che senza l’occidente stavano peggio, che le multinazionali offrono paghe e condizioni di lavoro migliori di quelli che offrivano prima i loro stessi compatrioti, che hanno raddoppiato il reddito pro capite, che con gli OGM possono sperare di non morire di fame, che prima che venissero i brutti cattivi occidentali ad estorcergli i diamanti a poco prezzo, i diamanti non valevano niente se non per giocare a biglie, che senza il consumo del petrolio dell’occidente e non solo molti paesi del mediooriente non avrebbero nessuna fonte di reddito. Lottieri e Stagnaro l’hanno detto non solo con ragionamenti ma anche con dati economici inconfutabili. È chiaro che è più facile aggrapparsi agli slogan facili e già sentiti anzi, che si conoscono a memoria, ma ad ogni battuta di questo genere, Lottieri e Stagnaro avevano nomi e numeri che contraddicevano lo scontato luogo comune. E così, il discorso si animava sempre di più ed i relatori lottavano cortesemente ma fermamente fra di loro per il microfono.
Non so a quale punto e per quale ragione si è finalmente ed inevitabilmente travalicato l’economico per il giuridico. Mi ricordo che Lottieri ha raccontato una serie di aneddoti illustrando come gli stati e le istituzioni si sono auto autorizzati a derubarci senza che nessun cittadino si sogni di fare neanche una piccola protesta: Ha narrato come è stato derubato un paio di volte in casa dagli zingari che hanno portato via quelle poche cose che portano via. Ha indicato il paradosso di quanto la gente si senta offesa e oltraggiata quando succedono episodi simili. Ma nessuno dice una parola quando ogni mese lo stato porta via metà dei guadagni sudati. Per non parlare poi del 20% di IVA ogni volta che uno si compra qualunque oggetto o servizio. Una volta tolto questo mattone fra l’economia e il giuridico, l’intero muro è caduto. I due principi libertari erano nudi e non avevano nessuna intenzione di travestirsi.
Gli altri tre giovani relatori sul palco non avevano previsto di dover controbattere argomenti così rivoluzionari. I ragazzi/studenti nel pubblico si guardavano e mi guardavano con mille domande negli occhi, e io li incoraggiavo ad alzare la mano per farsele rispondere. Erano domande intelligenti, contestuali, “Ma come? Senza lo stato e le sue istituzioni, come si fa ad offrire ai cittadini un sistema sanitario? E la polizia? E se qualcuno ammazza mia sorella, chi sarà il giudice?” E Lottieri e Stagnaro a spiegare come secondo loro i cittadini sarebbero meglio serviti e a costi più ragionevoli se tutti questi servizi fossero gestiti da compagnie private che competano fra loro per offrire il meglio al prezzo più conveniente proprio come qualunque altro servizio che siamo abituati ad acquistare sul libero mercato. Non ho mai visto gli studenti così vivaci, così stimolati intellettualmente. La conferenza avrebbe dovuto finire alle 13,30. Alle tre eravamo ancora lì in un angolo dell’Aula Magna con un gruppo di studenti che con le loro domande e contestazioni non avevano nessuna voglia di mollare.
giogia@giogia.com Ritornare alla lista