Italian Perspectives                                         
by Sandra Giovanna Giacomazzi 

Il tocco di Arena guasta la «Festa» ad Aristofane  (Ragion Politica, 18 agosto 2005)

La prima cosa che ho pensato quando ho visto, a Segesta, la rappresentazione de La Festa delle Donne di Aristofane, diretta e interpretata da Lello Arena, è stata: «Aristofane si starà rivoltando nella tomba!». La seconda cosa è stata: «Se il commediografo greco avesse ancora qualche erede vivo, ci sarebbe giusta causa per intentare una bella azione legale per travisamento e falsa rappresentazione».

Prima dell'inizio, lo spettacolo già prometteva male. Normalmente, le opere classiche a Segesta sono presentate prive di scenografia, anche perché l'ubicazione del teatro antico fa da sé da scenografia: una stupenda panoramica di montagne a 180 gradi e un'originale vista obliqua del mare di Castellammare del Golfo. Gli spettacoli iniziano alle 19 e 30, quando ancora c'è la luce del giorno, e terminano alle 21, quando il sole scende dietro l'orizzonte. Anche la dissolvenza dello sfondo ambientale, attraverso il passare del tempo al crepuscolo fa parte della scenografia.

Prometteva male perché il regista, Arena, aveva previsto come scenografia un bel brutto muro bianco coperto di finta edera rampicante che bloccava l'intera vista che fa di Segesta, Segesta. Ma, forse, avrei dovuto capire ancor prima che sarebbe stato molto meglio non assistere all'interpretazione lelloareniana di Aristofane. Eppure, il manifesto e il programma di sala non dicevano «da» Aristofane, ma «di» Aristofane. E nel programma, scritto di suo pugno, Arena confessava la sua percezione del peso dell'impegno di mettere in scena un'opera di un grande come Aristofane.

Ma il mio desiderio di vedere Aristofane fu più forte del mio timore per i suoi interpreti. L'anno scorso, sempre a Segesta, avevo visto una magnifica messa in scena di "Donne in Parlamento", un'altra opera di Aristofane, che mi aveva lasciata con l'acquolina in bocca. I temi del femminismo, pacifismo e comunismo affrontati con ironia da Aristofane sembravano scritti l'altro ieri e non bastava giudicare ultramoderno e universale il commediografo classico. Sembrava piuttosto che Aristofane avesse viaggiato con la macchina del tempo, che fosse vissuto ai giorni nostri e che fosse tornato ai suoi tempi antichi per scrivere la cronaca dei nostri giorni!

Tornando a ciò che non andava nella performance della troupe di Lello Arena: non andava un bel niente. Hanno esordito con un prologo improprio che è durato mezz'ora, strapieno di gesti sconci superati solo dal linguaggio inverosimilmente scurrile. Aristofane è licenzioso quanto basta; voler strafare garantisce la discesa nella volgarità dura e pura. Questi, poi, erano intercalati da introduzioni degli interpreti con toni e termini autoelogianti, più esaltanti ancora di quelli scritti nel programma nel quale il commediante vantava il suo «Arena Touch», il tocco Arena, pur giudicandolo strampalato! Ogni tanto gli interpreti riprendevano la trama della commedia, ma le situazioni erano talmente alterate e i dialoghi talmente deturpati da rendere l'opera irriconoscibile.

Sempre nel programma di sala Arena confessava la sua credenza nei fantasmi, il suo timore di mettere in scena opere di persone defunte e la sua premura di rendere loro giustizia onde evitare apparizioni notturne di autori insoddisfatti delle sue rappresentazioni. Non ho dubbi che le notti future di Arena promettano innumerevoli incontri con un Aristofane infuriato per come ha osato guastare la sua «Festa».


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