L’Opinione delle Libertà, Edizione 272 del
17-12-2008
Per i novant’anni di Alda Croce
di Sandra
Giovanna Giacomazzi
La
settimana scorsa nell’aula magna dell’università di Torino il
Centro
Pannunzio ha celebrato il novantesimo compleanno del suo presidente
onorario,
Alda Croce, che fu anche presidente effettivo dal 1997 al 2003. Nelle
parole
dell’attuale presidente effettivo del Centro, Professor Pier Franco
Quaglieni:
“Alda appartiene a quella élite di intellettuale liberali
autentici, liberali
nel senso spagnolo del termine che, come ricordava Benedetto Croce, ha
il suo
contrario nella parola servile”. È la seconda volta che il
Centro celebra il
novantesimo compleanno di un suo presidente. La prima volta fu nel 1996
per
Mario Soldati. Questa volta, per l’occasione il Centro ha deciso di
ripubblicare il saggio più citato di Benedetto Croce:
“Perché non possiamo non
dirci ‘cristiani”, che è anche quello prediletto da Dona Alda,
figlia del
filosofo. Il volume è stato presentato dai tre relatori che
hanno contribuito
con un’introduzione e commenti all’opuscolo pubblicato dal Centro: il
politico
liberale Valerio Zanone, il filosofo e docente Guglielmo Gallino e
Luigi
Compagna, senatore liberale e professore di storia delle dottrine
politiche
presso la Luiss. I relatori hanno sottolineato l’importanza del momento
storico
che funse da catalizzatore ispirante per lo scritto del filosofo nel
1942 nel
bel mezzo della seconda guerra mondiale, e il suo sgomento di fronte
alle
barbarie e alla violenza del neopaganesimo nazista che minacciava la
civiltà.
È subito chiaro nel testo di Croce che, con quel titolo tortuoso
non intendeva
rinnegare né le sue critiche precedenti verso la Chiesa
né il suo scetticismo
verso la trascendenza religiosa. Il suo apprezzamento per la
civiltà che lui
valutava come prodotto di diretta discendenza dal cristianesimo nasceva
dalla
sua visione di esso come la quintessenza rivoluzionaria, ciò che
mise in moto
il processo storico che condusse all’umanesimo, al progresso delle
scienze, ai
diritti civili degli individui, all’illuminismo che sconfisse le
superstizioni,
ai filosofi del liberalismo, insomma a tutti gli anticipatori della
modernità.
Il testo di Croce viene spesso messo a confronto con il testo di
Bertrand
Russell del titolo icastico: “Perché non sono cristiano”,
scritto nel 1927, in
tempi molto meno cupi, quando si avvicinava inconsapevolmente la fine
degli
anni “ruggenti”. Eppure, sebbene l’autore britannico sia stato e sia
rimasto
sino alla fine dei suoi giorni un ateo impenitente, alla sua scomparsa
gli fu
dedicato un necrologio elogiativo dall’ “Osservatore Romano” mentre
alla morte
di Croce non gli furono risparmiati critiche inflessibili e sarcasmi
ostili.
Pare che i tempi siano sempre duri per i veri liberali. Per l’occasione
la
settimana scorsa l’aula non era proprio stracolma di partecipanti. E
nonostante
le maggiori autorità avessero assicurato la loro presenza,
neanche il sindaco
era presente per rendere omaggio alla figlia, torinese di nascita, del
grande
filosofo. Sarà stata la neve ad essergli d’impedimento ad
attraversare i pochi
isolati che separano il palazzo del Comune dall’aula magna
dell’università.
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